Bernardo Rossellino e San Pietro

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Una delle commissioni più importanti di Raffaello architetto è la direzione della Fabbrica di San Pietro: tuttavia le sue scelte progettuali non nacquero dal nulla, ma furono conseguenza di una storia di ripensamenti e revisioni che risalgono a metà Quattrocento, ai tempi di Niccolò V.

Il Papa di Sarzana, si trovò davanti a una Basilica Vaticana, che per quanto veneranda per l’antichità, era assai prossima a crollare: il vecchio transetto costantiniano era inadeguato per le nuove esigenze liturgiche e in più, diciamola tutta, era più incentrata sulla Tomba di San Pietro, che sulla Cattedra vescovile, cosa che, per l’ideologia della Curia Pontificia dell’epoca, sminuiva assai il ruolo del Vicario di Cristo sulla Terra.

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Così Leon Battista Alberti, nella prima stesura del libro De re aedificatoria presentate a Niccolò V nel 1452, sintetizzava i problemi strutturali dell’antico edificio.

E’ opportuno parlare anche dei difetti di costruzione, per essere più prudenti in corso d’opera, giacché il primo merito è non commettere errori. Nella Basilica di San Pietro in Roma ho notato – cosa di per sé molto evidente – una costruzione molto azzardata: in maniera assai sconsiderata è stato eretto un muro alquanto lungo e largo sopra una lunga serie di aperture, senza neanche provvedere a sostenerlo con qualche contrafforte o puntello; al contrario, bisognava considerare che l’intera ala del muro, sotto la quale sono stati aperti frequenti varchi, era stata fatta troppo alta e collocata in modo da essere
esposta agli impetuosi venti di Aquilone.

Per questo motivo il muro è andato fuori piombo per più di 6 piedi a causa della continua pressione dei venti. E non dubito che un giorno o l’altro basterà una leggera pressione o una minima scossa per farlo crollare. se non fosse stato contenuto dalla trabeazione del tetto, senza dubbio sarebbe già crollato spontaneamente, vista la sua eccessiva inclinazione.

Ma non criticherei troppo l’Architetto che l’ha costruito dal momento che, costretto dalle necessità del luogo e della posizione, pensò di essere sufficientemente protetto dai venti dalla porzione del monte che sta davanti alla chiesa. Tuttavia, è meglio che i lati del muro siano maggiormente rinforzati da entrambe le parti.

Poche pagine dopo, proponeva anche quella che, secondo lui, poteva essere la migliore soluzione di tale problema

Per la grandissima basilica di San Pietro in Roma, poiché le pareti laterali, completamente fuori piombo, minacciano di far crollare la copertura, ho escogitato questo sistema: ho deciso di tagliare e di asportare metà di ogni singola porzione inclinata della parete sostenuta da ogni colonna e di riportarla a piombo realizzando una costruzione regolare, avendo lasciato in corso d’opera da una parte e dall’altra dei denti di pietra e delle anse robustissime, ai quali agganciare la parte rinnovata della struttura. Infine, aggancerei al tetto l’architrave sovrastante la parte fuori piombo, quella da rimuovere, servendomi di macchine chiamate capre sistemate sul tetto e assicurando le loro estremità da una parte e dall’altra nella parte più stabile del tetto e del muro.

Per quanto possibile, ripeterei quest’operazione per ciascuna colonna, una per una. La capra è uno strumento nautico fatto di tre assi le cui estremità superiori sono strette e legate insieme, mentre quelle inferiori sono disposte a triangolo. Questa macchina, dotata di carrucole e vite, si usa per sollevare comodamente i pesi.

Insomma, un restauro conservativo, sotto molti aspetti assai moderno, che avrebbe in qualche modo mantenuto in piedi la basilica costantiniana. Niccolò V, però, aveva tutt’altre intenzioni: i lavori di San Pietro sarebbero stati ben più ampi, ne avrebbero modernizzato la struttura e sarebbero stati integrati in una ristrutturazione urbanistica dell’intera area di Borgo, secondo i dettami di Aristotile Fioravanti, architetto e ingegnere, famoso per aver spostato di oltre 13 metri la torre di Santa Maria della Magione a Bologna (alta 24 metri) con un sistema di cilindri e per avere realizzato la cattedrale dell’Assunzione a Mosca, usando una tecnica molto simile al nostro cemento armato.

Aristotile, citando le fonti dell’epoca, ipotizzò

un nuovo Duomo, dedicato a Pietro, provvisto di un’alta Cupola e con la pianta a Croce latina; due torri sarebbero state innalzate davanti al vestibolo e sarebbero sorti ai lati alcuni importanti edifici destinati al clero. Sulla piazza sarebbe stato eretto un obelisco recante la figura del Cristo, mentre sul basamento bronzeo dell’obelisco sarebbero state collocate le quattro statue anch’esse de bronzo, degli Apostoli.

Il tutto si sarebbe integrato in un Borgo, così descritto da Vasari

Il medesimo ebbe animo di ridurre in fortezza e fare come una città appartata il Vaticano tutto; nella quale disegnava tre vie che si dirizzavano a S. Piero, credo dove è ora Borgo Vecchio e Nuovo, le quali copriva di loggie di qua e di là con botteghe commodissime, separando l’arti più nobili e più ricche dalle minori, e mettendo insieme ciascuna in una via da per sé; e già aveva fatto il torrione tondo che si chiama ancora il Torrione di Nicola.

E sopra quelle botteghe e loggie venivano case magnifiche e commode, e fatte con bellissima architettura et utilissima, essendo disegnate in modo che erano difese e coperte da tutti que’ venti, che sono pestiferi in Roma, e levati via tutti gl’impedimenti o d’acque o di fastidii che sogliono generar mal’aria

L’incarico di modernizzare San Pietro, fu così dato a Bernardo Rossellino, l’urbanista e architetto di Pienza, che doveva trovare un compromesso tra tre diverse esigenze: trovare più spazio per le processioni e dare maggiore visibilità ai celebranti, mantenere in piedi il più possibile della vecchia basilica, per risparmiare tempo e denaro, e trovare una soluzione statica che riuscisse a tenere in piedi il tutto.

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Bernardo progettò una soluzione, a prima vista di compromesso, che prevedeva il mantenimento del corpo longitudinale a cinque navate coprendolo con volte a crociera sui pilastri che dovevano inglobare le vecchie colonne, mentre veniva rinnovata la parte absidale con l’ampliamento del transetto, l’aggiunta di un coro, che fosse la prosecuzione logica della navata e di un vano coperto a cupola all’incrocio tra transetto e coro.

Di fatto aveva trasformato una costruzioni ispirata alle aule imperiali della Tarda Antichità, come ad esempio quella di Treviri, in una chiesa tipica degli Ordini Mendicanti, Francescani e Domenicani, una sorta, per rimanere in ambito romano di versione estesa e quattrocentesca di Santa Maria sopra Minerva.

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Per reggere in piedi tutta la baracca, dovette scaricare il peso sul coro, fondato su una massività schietta e prepotente: gli oltre 6 metri della sua muratura piena e speronata si ispirava al Tempio di Venere e Cupido dell’Esquilino, il consistorium, la sala delle udienze del palazzo imperiale del Sessoriano, che evidenziando la potenza strutturale dell’abside, che accoglieva il seggio papale, il fulcro simbolico dell’Ecclesia Militante.

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Come il coro, all’antica sarebbe stato anche il transetto. Qui, in particolare, il riferimento e` alla sala centrale delle terme imperiali, un ampio ambiente rettangolare coperto con volte a crociera impostate su alte colonne. Citazione accentuata anche recupero dei materiali edilizi classici: tra il 1451 e il 1452 Aristotele Fioravanti ricevette pagamenti per il trasporto di quattro colonne dalle Terme di Agrippa fino in Vaticano, ribadendo il ruolo del Papa come unico e vero erede dell’Impero Romano.

Ora, le crociere avrebbero avuto pianta rettangolare piuttosto allungata e non quadrata come negli edifici romani ed essendo le colonne poste più vicine, il ritmo delle campate sarebbe infatti risultato più serrato, con una predominanza di linee verticali tale da influire anche sulla percezione dell’altezza complessiva del vano, di suggestione gotica, che avrebbe compensato la sensazione di pesantezza dovuta alla massa muraria impiegata.

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Infine, per alleggerire il tutto, Bernardo ipotizzò di coronare il tutto con una cupola, non altissima, con la sua luce di appena 40 braccia (23,63 m), ma che può vantare d’essere la prima cupola di crociera di una chiesa di pellegrinaggio, specificamente pensata per magnificare la presenza delle venerande reliquie dei due Apostoli maggiori, Pietro e Paolo, che si riteneva fossero stati sepolti insieme, per una metà delle loro ossa sotto l’altare maggiore della basilica Vaticana, per l’altra metà sotto quello di San Paolo fuori le Mura.

La cupola di Bernardo è fuori dall’ordinario anche per il suo organismo costruttivo, concepito poco dopo la morte di Brunelleschi in anni di accentuato (e faticoso) sperimentalismo. Ne conosciamo i caratteri solo attraverso un resoconto letterario, per giunta non inequivocabile, ma sufficiente a mostrare che Bernardo aveva pensato a un congegno statico anomalo, ricostruibile solo in ipotesi: o a un’altissima lanterna, o più probabilmente a una doppia calotta, forse basata su un modello brunelleschiano per il Santo Spirito di Firenze. Come che sia, quella di Bernardo è una cupola concepita per essere ammirabile soprattutto dall’esterno, come un punto cospicuo che segnali ai fedeli la tomba degli Apostoli e ribadisca in modo implicito il fondamento sacro del primato del vescovo di Roma, di essi erede legittimo.

I lavori di questo progetto, all’epoca assai ambizioni cominciarono intorno al 1450, ma con la morte di Niccolò V non ebbero ulteriore sviluppo, e furono sostanzialmente fermi durante i pontificati successivi. Eppure, quanto eseguito, condizionò tutti i progetti e lavori successivi…

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