LA RINASCITA DEL LORO

La casa editrice Progetto Cultura alla luce della gravosa situazione
ambientale che continua ad affliggere la Provincia di Modena dopo terremoti
edalluvioni intende promuovere un‘antologia di prosa e poesia e una mostra di
fotografia a tema “Il fango” dal titolo LA RINASCITA DEL LORO. Il ricavato
della vendita andrà ai progetti sul territorio.

Il concorso è aperto a tutti gli autori con testi in lingua italiana. I testi
dovranno essere inediti ed avere come tema “Il fango”, pensa l’esclusione dal
concorso.

Ogni autore potrà inviare una fotografia, un racconto (massimo 5 cartelle)
e/o le poesie (massimo 3) in versi liberi o in metrica.

Le foto saranno esposte in sedi istituzionali e presso la libreria
Mangiaparole di Roma. La foto giudicata più rappresentativa sarà scelta per
lacopertina del volume.

I partecipanti dovranno inviare assieme alle loro opere, le proprie
generalitàe recapiti (numero di telefono, e-mail).

L’iscrizione può avvenire tramite l’e-mail. Il termine per le iscrizioni è il
31 marzo 2014. Bisognerà inviare una mail all’indirizzo info@progettocultura.it
I file accettati sono pdf, jpg, doc.

La partecipazione al Premio implica la piena ed incondizionata accettazione
di questo regolamento e la divulgazione del proprio nome, cognome sulla
conseguente pubblicazione. Si accettano pseudonimi, nomi di fantasia o
diversidalla reale identità dell’autore. L’organizzazione attraverso la presente
adesione acquisisce implicitamente il diritto di pubblicare liberamente e
gratuitamente tutti i componimenti ritenuti idonei.

Le opere saranno valutate a giudizio insindacabile e inappellabile della Redazione.

Steampunk Mecha

Il buon Alessandro Girola, che vuoi o non vuoi, è uno dei profeti italiani del self publishing, ha pubblicato da qualche tempo una novella o romanzo breve, I Robot di La Marmora, che è diventata un bestseller dello steampunk italiano.

Per farla breve, degli alieni Nekton naufragano sulla terra e cominciano a spargere a destra e manca armi e tecnologie, compresi i mech da combattimento che cambiano notevolmente gli scenari delle guerre d’indipendenza

Complice anche Diego Bortolozzo che con il suo Piave racconta qualcosa di simile, con degli amici ci siamo divertiti a immaginare un utilizzo bellico dei mech in un mondo steampunk… Non è detto che, prima o poi, non possa scriverci qualche racconto o romanzo sopra

Ammesso che nell’Ottocento vi sia una struttura industriale capace di produrne un numero dignitoso di mecha, che gli alti comandi dell’epoca sappiano mettere su un’adeguata struttura logistica e di manutenzione e che contemporaneamente a nessuno venga in mente di cominciare a produrre l’equivalente di un cannone anticarro a tiro rapido (sospetto che un Ordnance QF 17 lb o qualcosa di simile al buon vecchio Ansaldo Bassotto sia più semplice da progettare e costruire di un robottone da combattimento) quale potrebbe essere un’adeguata dottrina tattica di utilizzo, per evitare la fine di Napoleone III con la mitragliatrice ?

Dunque, per motivi meccanici, le gambe possono andare dove non arrivano i cingoli, ma permettono una velocità di movimento di gran lunga minore. quindi i mecha sono poco indicati per la blitzkrieg. Neppure per le tattiche di infiltrazione tedesche sul un fronte pianeggiante: il mech, pure se aumenta la potenza di fuoco, fa perdere in effetto sorpresa (ahimè è più semplice da vedere di un commando), in flessibilità e soprattutto appesantisce il treno logistico. Metterlo in formazioni a linea e colonna, come una sorta di fanteria pesante, non è neppure molto utile, perché li rende vittime ideali di blitzkrieg da parte dell’avversario: basta aggirarle con unità molto più mobili, tagliare il treno logistico e l’insaccamento è eseguito.

Quindi che ci facciamo ? Possono essere utilizzati nella guerra di trincea, facilitando la vita degli attaccanti, coprendo così le fanterie ( l’idea che aveva Churchill dei tank) o lato difensore, costituire una riserva operativa contro gli sfondamenti in caso di difesa elastica. Possono supportare le tattiche di infiltrazione in uno scenario alpino  e operare in scenari di combattimenti urbani… In entrambi i casi, i mecha funzionano meglio che i carri armati..

Insomma, sarebbero ottimi per una Prima Guerra Mondiale o per qualcosa di simile alla contro insurrezione in Iraq

All’angolo di via Emanuele Filiberto

filiberto

 

In quell’angolo smorto e abbandonato

dove da bambino tremando al boato

vidi il palazzo umbertino crollare

sezionando lente orme di speranza

un semaforo giallo batte il tempo

incerto metronomo  stanco e  ubriaco

Come un duro profeta nel deserto

affamato di  crudeli locuste

e di erbe salate taglienti e amare

annuncia ignote  ed oscure profezie

che il passante ricco di fretta ignora

e l’automobilista  irato insulta

Solo un barbone lo guarda nella noia

interdetto dalla trama sfilata

di un arazzo che nominiamo vita

caos che ci illudiamo di regolare

Finale de Il Canto Oscuro

Ogni tanto, salta fuori qualche nuova recensione de Il Canto Oscuro, come questa di Kuiper Belt, sostanzialmente positiva, tranne qualche perplessità sul finale del romanzo.

Se devo dire la mia, pur consapevole che gli ultimi capitoli, per una serie di motivi, si potevano limare e perfezionare in diverse cose, il recensore però non ha compreso a pieno lo spirito del romanzo.

Questo infatti, non è replicare il giallo anglosassone, che presuppone l’esistenza di un ordine sociale e culturale, violato dalla colpa, che l’investigatore deve ricostruire, ma Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, in cui il reale risulta essere incomprensibile e si perde il concetto di giusto e di sbagliato…

Di conseguenza, anche può essere migliorato, e lo farò, se mai salterà fuori una seconda edizione, il finale risponde pienamente alla mia visione del mondo…

Aggiornamento Estinzione

Ieri, finalmente, ho spedito la mia stesura del romanzo a quattro mani con Giorgio Sangiorgi.

Una cosa che mi ha stupito, dato che la lentezza è ormai divenuta leggendaria, devo ringraziare solo la pazienza degli editori con cui collaboro, altri mi avrebbero linciato, è la velocità con cui ho scritto. In un mese, ho completato la storia.

Di certo, avere le idee chiare su dove parte la storia e dove deve terminare, ha aiutato parecchio, in termini di ottimizzazione della scrittura.

Al contempo, mi sono reso conto che in Estinzione (magari non sarà il titolo definitivo) ho sintetizzato quasi due anni di riflessioni ed esperimenti di scrittura, dall’idea che ci fosse spazio per ambientare storie in Italia al tentativo di trovare una via nostrana al new weird.

Di fatto, storie, idee e personaggi mi vagavano da parecchio nella mente: il problema era trovare l’occasione per metterle su carta… Per questo, devo ringraziare Giorgio

Eroi adolescenti

Parecchie settimane fa, chiacchieravo con un’amica, impegnata nella stesura di un suo fantasy, sull’età media del protagonista del romanzo.

Entrambi concordavamo sul fatto che, nonostante tanti esempi provenienti dalla narrativa e dal fumetto, specie nipponico, è abbastanza ridicolo ipotizzare come un quindicenne possa avere le capacità e l’esperienza per essere un grande eroe.

Eppure, perchè, nonostante questa considerazione di buon senso, siamo invasi da ragazzini che, pur puzzando ancora di latte, agitano spadoni, tagliando teste a destra e manca ?

Da una parte, c’è una questione culturale: il fantasy, bene o male, ha le sue radici nella fiaba, che, secondo Propp, è una metafora dei riti tribali di passaggio alla maggiore età: per cui ovviamente, il protagonista non può che essere adolescente.

Però, ciò che valeva per i nostri antenati, è adatto anche oggi, con la durata e tipologia della vita che è mutata totalmente ?

Dall’altra, c’è la questione economica: bambini e adolescenti sono visti come un mercato molto più appetibile di quello degli adulti e quindi è necessario inventarsi personaggi con cui questi possano identificarsi, anche a sprezzo del ridicolo

E’ invece possibile seguire una strada diversa, ossia scrivere narrativa fantastica per un pubblico adulto ? Non mi pare una cosa complicata, visto che nei paesi anglosassoni ci sono riusciti benissimo e le storie della fantascienza, in Italia, tendono a essere cupe e mature…

Personalmente, io trovo più affascinante scrivere di personaggi di mezza età, magari traditi dalla vita, che cercano la loro occasione di riscatto, spesso fallendo..

Horti Lamiani III

ninfeo

 

Scavi successivi degli Horti Lamiani furono eseguiti nel 1907 in piazza Dante durante i lavori per la costruzione del Palazzo delle Poste, in cui però furono trovate una serie di case medievali, costruite con materiale di recupero provenienti dall’edificio romano

Case che furono demolite, facendo perdere informazioni sul popolamento medievale dell’Esquilino, di cui si sa molto poco, ma permettendo il recupero di alcune statue, tra cuiun gruppo dell’Ephedrismòs databile al IV secolo a.C. proveniente dalla città di Tegea con due fanciulle intente alla “corsa alla cavallina”.

Per più di un secolo, terminata l’urbanizzazione del rione, le ricerche furono abbandonate.

Finchè la manutenzione Linea A della Metropolitana ha consentito nel 2005-2006 la scoperta di un nuovo settore degli horti in corrispondenza all’angolo sud-orientale di piazza Vittorio Emanuele II.

Lo scavo della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma ha indagato un’area di 160 m² nella quale sono stati trovati degli ambienti in cui si succedono ben sette fasi edilizie, tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e l’età tardo antica. Alcuni degli edifici tardo repubblicani poggiano sui resti di un recinto sepolcrale costruito in opera quadrata di blocchi di tufo; questo sembra confermare i dati attestati nelle fonti antiche, secondo cui gli horti dell’Esquilino sarebbero sorti in seguito ad un intervento di bonifica dell’antica necropoli da parte di Gaio Cilnio Mecenate.

Subito dopo, approfittando della sistemazione del Palazzo dell’Enpam, si è scavato nell’area prossima a quella dove Lanciani ha identificato il criptoportico, scoprendo un’aula di rappresentanza (400 m²), originariamente rivestita da sectilia, dotata di ambienti di servizio e d’una fontana. Il complesso, riferibile a diverse fasi edilizie, è articolato in terrazze-giardino contenute da strutture in opera reticolata, con un tratto di strada basolata connesso alla via Labicana, forse il limite della proprietà.

L’aula va attribuita agli interventi di Alessandro Severo (222-235), testimoniati all’Esquilino anche dalla costruzione dei “Trofei di Mario” (Nymphaeum Alexandri) e da alcune fistulae aquariae che provano l’esistenza d’un complesso rientrante nel patrimonio personale dell’imperatore; raffinatissimi le centinaia di frammenti d’intonaci dipinti e i materiali decorativi di pregio, databili a partire dall’impianto della residenza imperiale e recuperati nel corso dello scavo.

Altri resti attribuibili al possente sistema d’imbrigliamento sostruttivo degli Horti Lamiani sono emersi tra luglio 2011 e novembre 2012 in occasione di alcuni lavori di risanamento del Palazzo delle Poste in piazza Dante, 25. Le strutture, conservate a livello di fondazione, seguono le curve di livello del colle Esquilino, ampliandole. Furono in precedenza viste da Rodolfo Lanciani e annotate nella Forma Urbis Roma

E’ l’autore a fare la differenza


Per riprendere la discussione sull’omologazione degli scrittori di fantascienza italiana, do visibilità a un bell’intervento di Pier Luigi Manieri

Mah, mi sembrano considerazioni contrassegnate da buon senso e competenza (as usual), mi prendo la libertà di aggiungere qualcosa per puro gusto di conversare amabilmente (che poi coincide con sano cazzeggio):

Certe storie evidenziano come un gran numero degli autori contemporanei presumibilmente leggano poco. Il loro immaginario è sopratutto visivo:cartoni animati, telefilm, videogiochi. E film, ma di ultima generazione. La notte dei morti viventi, capostipite di tutta la mitologia sugli zombie, non è il modello di riferimento, lo sono piuttosto 28 Giorni dopo, e Walking dead. In un contesto limitato di fonti, il meccanismo dell’imitazione già noto in letteratura e nelle arti fin dal Rinascimento, diventa inevitabile. La scarsa abitudine alla lettura, genera carenza di idee e di tecnica per conferire loro una forma. Per chiarezza, non è che cartoni animati e telefilm abbiano meno dignità del romanzo, è che il medium libro implica un maggior sforzo d’immaginazione e simultaneamente stimola riflessioni più complesse perchè comprese in finestre temporali più dilatate. Riguardo agli zombie, è affascinate osservare come il protagonista più depersonalizzato della storia dell’orrore, oggi si sia imposto in termini di massa. Ma qui si apre un capitolo che per brevità è meglio lasciar in pace (non male, lasciare in pace riferendosi agli zombie).

Penso che ci sia un limite di idee checertamente trova terreno fertile ma unicamente nell’editore “mordi e fuggi”. Orde di zombie scalzate via dagli scaffali da procaci eroine in redingote! Questa è una dimensione fast food che poco aggiunge alla letteratura. In questi giorni sto lavorando alla chiusura dell’antologia:” Operazione Europa” e Armando Corridore che è il mio editore, sta lì con la lente d’ingrandimento. Editore e direttore editoriale fianco a fianco, tagliamo le idee più immediate per perseguire un lavoro sincero e non attaccabile nella sua autenticità. Gestione del libro vecchia maniera.

Fine dell’autoreferenzialità.

Concluderei così: “le storie si somigliano tutte, ma gli Autori le rendono diverse.

Piccola nota: In Operazione Europa, antologia di grande coraggio, perché dona visibilitàad autori italiani, c’è anche in mio racconto, ambientato a Palestrina… Della serie, si può scrivere fantascienza, spedo dignitosa, senza aver bisogno come scenario di Londra e di New York.

Basta avere voglia e fantasia; lo stesso vale per le storie, oltre che per le ambientazioni

 

Outing

 

Stamattina, ho ricevuto una mail da un professore d’italianistica in un’università del Nord.

Dopo avermi raccontato di essersi imbattuto nel mio romanzo a causa di un equivoco, a quanto pare esiste una raccolta di poesie con lo stesso titolo, mi sa che in seguito dovrò stare più attento, e una disquisizione sulla narrativa fantastica, in cuil il prof è molto più radicale di tanti mie amici scrittori

“Tutta la narrativa è fantastica, perché crea un mondo parallelo al nosto e richiede una sospensione dell’incredulità: la distinzione del genere è legata a quanto il narratore dissimuli tale assioma…”

Mi ha strappato due sorrisi: il primo per avere indovinato chi fosse in realtà Ecate, alla faccia di chi mi ha accusato di aver costruito un personaggio irreale, il secondo per essere stato l’unico in due anni, non c’era arrivato  l’editor e nessuno dei recensori, ad aver capito come Andrea Conti sia un omaggio a Chales Swann.

Il che, ahimè, mi costringe a fare outing: io appartengo alla tanto spernacchiata categoria dei cripto-proustiani della fantascienza italiana… E sono fiero di esserlo 😀

Monotonia di genere

Qualche giorno fa, un mio amico scrittore ha pubblicato su FB questo status

Ma davvero per uno scrittore italiano di genere fantastico non c’è altro che mettersi un cilindro steampunk o darsi all’ennesima variante dell’apocalisse zombi? E un po’ di fantasia, dai…

Ha perfettamente ragione ! Il problema non è solo la monotonia nella scelta del genere… Vuoi o non vuoi, alla fine le storie, con qualche encomiabile eccezione, si somigliano tutte…

Perchè questa omologazione ? Il fatto è che gli scrittori sono figli del loro tempo: viviamo in una società in crisi, che ha paura del futuro e del diverso. Per questo si guarda al Passato, più o meno idealizzato, e alle metafore di ciò che mette in pericolo il poco benessere che abbiamo accumulato

E queste paure, si riflettono anche nella scelte di scrittura: meglio seguire il percorso già battuto, uniformarsi alla media, evitando il rischio del nuovo…

E tale tendenza al conservatorismo è assecondata da parecchi lettori: di conseguenza, gli editori, che devono far quadrare i conti, non danno spazio alla sperimentazione: così gli scrittori continuano a omologarsi a ciò che in teoria piace al pubblico, creando un circolo vizioso…

Per romperlo, in un discorso più ampio della semplice fantascienza, bisognerebbe recuperare il coraggio dell’avanguardia: lo scrittore non è il custode del Sistema, ma colui che guarda oltre l’orizzonte…

Ma questa rivolta, deve nascere per prima in noi stessi… Se non ricominciamo ad amare il Futuro, ad avere il coraggio dell’Utopia, saremo sempre schiavi del Presente